VITE DI GIOVANI CAREGIVER – 4A EDIZIONE

PROIEZIONE CINEMATOGRAFICA PER LE SCUOLE DEL FILM
“INTO DAD’S WOODS”, 18 novembre 2022

VITE DI GIOVANI CAREGIVER – 4A EDIZIONE

PROIEZIONE CINEMATOGRAFICA PER LE SCUOLE DEL FILM
“INTO DAD’S WOODS”

La rabbia è un’emozione positiva , non deve distruggere ma aiuta ad andare avanti ; la rabbia diventa grinta . In francese , la parola RAGE (Rabbia) è metà della parola COURAGE (Coraggio) .

Vero Cratzborn

CAST ARTISTICO E TECNICO Léonie SOUCHAUD • Gina Ludivine SAGNIER • Carole Alban LENOIR • Jimmy Mathis BOUR • Tony Saskia DILLAIS DE MELLO • Nora Carl MALAPA • Nico Yoann BLANC • Dr Le Floch Vero CRATZBORN Vero CRATZBORN François VERJANS Eve DEBOISE Philippe GUILBERT Stephan RUBENS Sylvie DERMIGNY Henri MAÏKOFF Loredana CRISTELLI Marc BASTIEN Emmanuel DE BOISSIEU Daniel BLEIKOLM Maxime STEINER Isabelle TRUC Nathalie MESURET Elisa GARBAR REGIA SCENEGGIATURA FOTOGRAFIA SCENOGRAFIA COSTUMI SOUND MONTAGGIO MONTAGGIO DEL SUONO FONICO DI MIX MUSICHE ORIGINALI PRODUTTORE una co-produzione BELGIO-FRANCIA-SVIZZERA VO FR – ST ITA DURATA 90‘ COLORE 1:85 DOLBY

FESTIVALS CANNES FILM FESTIVAL – ECRANS JUNIOR (FR) CORK FILM FESTIVAL – ILLUMINATE MENTAL HEALTH (IRL) FIFF NAMUR – PEPITES (BE) FRANZOESISCHE FILMTAGE STUTTGART INTERNATIONAL COMPETITION (D) FRANZOESISCHE FILMWOCHE BERLIN (D) FRENCH FILM FESTIVAL EDINBURGH (UK) FICX GIJON – ENFANTS TERRIBLES COMPETITION (SP) FORT LAUDERDALE INTERNATIONAL FILM FESTIVAL (USA) BUFF – INTERNATIONAL CHILDREN FILM FESTIVAL (SK)

BIOGRAFIA DELLA REGISTA VERO CRATZBORN

Vero Cratzborn cresce in una città in mezzo alla campagna, nel Belgio orientale. Dopo gli studi all’Università di Liège, a 25 anni scopre il cinema accanto al produttore Bruno Pésery (sui film di Alain Resnais, Noémie Lvovsky, Olivier Assayas, Claire Denis…) poi al regista Leos Carax, cui fa da assistente per due progetti. Scrive e dirige cinque cortometraggi diffusi in televisione e presentati a numerosi festival francofoni e internazionali. Realizza due documentari e un’esperienza documentaristica digitale .

Hanno contribuito nel supportare la regista , a livello psico-pedagogico, alcune psicologhe , ossia  Hélène Davtian, Dottoressa in Psicologia e direttrice del progetto Les Funambules / Œuvre Falret in collaborazione con Eliane Collombet e Khadija Maach del Luchese, psicologhe cliniche (Francia), Frédérique Van Leuven, Psichiatra presso il CRP St Bernard in Manage e l’unità di crisi mobile della Regione Centrale (Belgio), e Martine Vermeylen, psicologa e Vice Presidente di Similes Bruxelles. Queste esperte hanno realizzato il “dossier pedagogico” che è stato tradotto dall’Associazione Comip e divulgato dalla stessa a chi ne faccia richiesta.

VITE DI GIOVANI CAREGIVER – “INTO DAD’S WOODS”: matinée per le scuole

In occasione della Giornata Internazionale dei Diritti Dell’Infanzia e Dell’Adolescenza l’Associazione,  COMIP  ha offerto alle scuole la visione di un film inedito in Italia, che si ispira a una storia vera per rompere il tabù sulla salute mentale ed accendere una luce sulle vite nascoste di tante  ragazze e ragazzi che diventano, loro malgrado, “caregiver”-  “colui che si prende cura”  dei loro genitori portando sulle proprie spalle pesi che non dovrebbero sostenere da soli/sole.

NOTA DESCRITTIVA DELL’EVENTO

Nella settimana dedicata alle celebrazioni per la Giornata Internazionale dei Diritti per l’Infanzia e l’Adolescenza, l’Associazione COMIP – CHILDREN OF MENTALLY ILL PARENTS torna a proporre un film di qualità per sensibilizzare sul tema dei giovani caregiver, i minori e i giovani adulti con responsabilità di cura, e in particolar modo chi di loro è figlio/a di un genitore che soffre di un disturbo psichico.

Alla proiezione online, ad accesso gratuito, sono stati invitati studenti e insegnanti delle scuole medie e superiori. La proiezione è seguita da un dibattito online con la regista e co-sceneggiatrice, alla cui vera storia il film è ispirato.

Insegnanti interessati possono richiedere gratuitamente il materiale didattico sul film scrivendo a scuole@comip-italia.org scrivendo nell’oggetto dell’e-mail “INTO DAD’S WOODS materiale didattico”.

L’iniziativa è parte del più ampio Progetto “Quando Mamma o Papà Hanno Qualcosa Che Non Va”, avviato a settembre del 2018 dalla stessa associazione per promuovere e diffondere in tutta Italia l’omonima mini-guida alla sopravvivenza per figli di genitori con un disturbo mentale scritta da Stefania Buoni, presidente dell’Associazione, una pubblicazione di Editoria Sociale a cura del CESVOL Umbria/Terni.

Le scuole che desiderino ricevere una copia gratuita della mini-guida da mettere a disposizione dell’Istituto e dei propri studenti possono farne richiesta all’indirizzo: scuole@comip-italia.org

IL FILM – INTO DAD’S WOODS (LA FORÊT DE MON PÈRE) di Vero Cratzborn:

La pellicola è ispirata alla vera storia familiare della regista: protagonista la quindicenne Gina, che si confronta assieme a sua madre, alla sorella e al fratello minori con l’esordio della malattia mentale di suo padre. La ragazza farà di tutto per salvare il suo adorato papà e, nel mentre, incontrerà l’amore.

INTO DAD’S WOODS (LA FORÊT DE MON PÈRE) è la storia di una famiglia, è la salute mentale raccontata attraverso lo sguardo di bambini e adolescenti.

GUARDA QUI  (https://www.youtube.com/watch?v=Ppa-AYbF67I)  IL TRAILER DEL FILM (ricordati di attivare i sottotitoli in italiano).

MIO CONTRIBUTO

Anche quest’anno come scuola, l’Istituto Tommaso Campanella di Cernusco (MI) ,  abbiamo partecipato a questa quarta edizione dell’iniziativa di Stefania Buoni e Comip , creando due postazioni per la visione della pellicola franco-belga di Vero Cratzborn , affinché tutte le nostre studentesse e i nostri studenti potessero assistere alla visione , già precedentemente illustrata in classe e diventata materia di studio e di approfondimento come spesso avviene attraverso i miei laboratori emotivo-sentimentali in cui utilizzo il media filmico per arrivare meglio al cuore dei ragazzi e della questione che si vuole affrontare che comunque ha sempre un’implicazione socio-psico-pedagogica importante .

“Figli dimenticati- forgotten children” sono tutti i figli che in casa vivono situazioni come la protagonista del film,  ossia come Gina e che si rivelano essere un angolo cieco della psichiatria , nel senso che spesso ci si sente dire “ti aiutiamo  e ti separiamo dai tuoi genitori” , mentre invece importante non è distruggere la famiglia , in quanto non è la malattia in sé il problema , quindi la persona che ne soffre, ma sono le CURE che possono cambiare la situazione ed aiutare a far lavorare di più sul ruolo genitoriale, in maniera che così il genitore , pur sofferente, possa viversi anche come ottimo genitore, come accade nel film a Jimmy il padre di Gina.

Questo film si ispira alla vita della regista che appunto ha un padre “speciale” con problemi mentali , ma vi sono inserite anche altre storie di questi figli invisibili , come la stessa regista che è diventata un’attivista , come Stefania Buoni, ossia un  “agente attivo di cambiamento” su questo delicato tema della salute mentale in famiglia, dei propri genitori.

L’espressione “Agente attivo di cambiamento” rende molto bene il senso ed il significato che acquisisce questo approccio che dal 2017  Stefania Buoni e gli altri giovani dell’ Associazione divulgano attraverso le tante ed importanti iniziative nelle scuole e in tante altre realtà territoriali , facendosi testimonianza per le future generazioni  “perché non è da tutti trasformare in forza, per sé stessi e per gli altri, un dolore”.

Il film non affronta la questione della diagnosi medica , ma pone il focus di osservazione dal “punto di vista dei bambini “, utilizzando un approccio gentile e delicato alla storia, in questo modo più universale, per avvicinare il grande pubblico, mentre di fatto  la realtà è spesso molto più dura.

Il tema dello STIGMA  è molto forte per questi figli dimenticati e lo troviamo anche nella domanda che nel film il fratello di Gina le pone,  quando giocano a braccio di ferro , dicendole “ Diventerò come papà?” .

Vero Cratzborn , nel dibattito dopo il film con Stefania Buoni nel rispondere a tutte le domande degli studenti collegati in streaming, spiega molto bene come quando si è molto piccoli spesso si è smarriti di fronte al malessere del genitore colpito dal problema psicologico grave e non si parla insieme tra fratelli e/o sorelle, come era accaduto anche a lei da adolescente , e come spesso accade ci si porta , da bambino o da adolescente, tutto il peso anche di faccende molto pratiche di cura (accompagnare a scuola i fratellini più piccoli, preparare da mangiare, comperare le medicine in farmacia ,  ecc.) .

Il film è veramente molto intenso e ricco di riferimenti a tutto questo, anche attraverso l’uso delle metafore come quella principale del “BOSCO”/LA FORÊT che rappresenta la malattia di  Jimmy, il padre di Gina, nel suo duplice svelamento e movimento , ossia di giorno è vita , con gli alberi che si muovono , con gli animali , quel senso di aria buona e di libertà del bosco/della foresta , mentre di notte diventa il luogo dell’oscurità , della minaccia e del mistero, luogo  in cui ci si può perdere .

Non volendo svelare altro della bella ed emozionante  pellicola , invito a recuperarla e ad ascoltare  il dibattito al seguente film , ove conoscere meglio le scelte della scrittura del film da parte della brava regista: https://www.youtube.com/watch?v=JU2IMKEnpvw.

Fondamentale è creare “luoghi sicuri” dove ci sia almeno un adulto di riferimento che possa essere un supporto per queste ragazze e ragazzi che vivono questa situazione.

Dopo la visione di questo film , i ragazzi sentono il bisogno di aprirsi e prendono il coraggio  di uscire dal proprio isolamento  e stigma sociale.

La salute mentale è un fatto sociale , non individuale. Ricordiamolo sempre.

Di seguito , ripropongo un mio contributo sull’edizione passata del 2021 :

King of Atlantis , Marina Nyström e Soni Jörgensen (2019) | I bambini ci guardano (wordpress.com)

Cette année également en tant qu’école, l’Institut Tommaso Campanella de Cernusco (MI) , nous avons participé à cette quatrième édition de l’initiative de Stefania Buoni et Comip , en créant deux stations pour visionner le film franco-belge de Vero Cratzborn , afin que tous nos élèves pouvaient assister à la vision, déjà illustrée auparavant en classe et devenue un sujet d’étude et d’analyse approfondie comme cela arrive souvent à travers mes laboratoires émotionnels-sentimentaux dans lesquels j’utilise le médium cinématographique pour mieux pénétrer le cœur des garçons et des question à laquelle nous voulons faire face et qui, de toute façon, a toujours une implication socio-psycho-pédagogique importante.

Les “enfants oubliés” sont tous les enfants qui vivent des situations à la maison comme la protagoniste du film, c’est-à-dire comme Gina et qui s’avèrent être un coin aveugle de la psychiatrie, au sens où l’on entend souvent les gens dire “on t’aide et on vous séparer de vos parents”, alors qu’il est important de ne pas détruire la famille, car la maladie elle-même n’est pas le problème, donc la personne qui en souffre, mais ce sont les SOINS qui peuvent changer la situation et aider à rendre les gens travailler davantage sur le rôle parental, afin que le parent, tout en souffrant, puisse aussi se vivre comme un excellent parent, comme cela arrive dans le film au père de Gina, Jimmy.

Ce film s’inspire de la vie de la réalisatrice qui a un père “spécial” avec des problèmes mentaux, mais d’autres histoires de ces enfants invisibles sont également incluses, comme la réalisatrice elle-même devenue militante, comme Stefania Buoni, c’est-à-dire une « agent actif de changement » sur cette délicate question de santé mentale dans la famille, de ses parents.

L’expression “Agent actif de changement” traduit très bien le sens et la signification que cette approche acquiert qui depuis 2017 Stefania Buoni et les autres jeunes de l’Association se sont répandus à travers les nombreuses et importantes initiatives dans les écoles et dans de nombreuses autres réalités territoriales, devenant témoignage pour les générations futures “car ce n’est pas à chacun de transformer la douleur en force, pour soi et pour les autres”.

Le film n’aborde pas la question du diagnostic médical, mais privilégie l’observation du “point de vue des enfants”, en utilisant une approche douce et délicate de l’histoire, ainsi plus universelle, pour rapprocher le grand public, tout en la réalité est souvent bien plus dure.

Le thème de la STIGMA est très fort pour ces enfants oubliés et on le retrouve également dans la question que le frère de Gina lui pose dans le film, lorsqu’ils jouent au bras de fer en disant “Est-ce que je deviendrai comme papa ?” .

Vero Cratzborn, dans le débat après le film avec Stefania Buoni en répondant à toutes les questions des élèves connectés via le streaming, explique très bien comment quand on est très jeune on est souvent perdu face au malaise du parent touché par la grave problème psychologique et ne se parlent pas entre frères et/ou sœurs, comme cela lui était aussi arrivé à l’adolescence, et comme souvent, en tant qu’enfant ou adolescente, on porte tout le poids des soins même très pratiques (prendre à l’école ses frères et sœurs plus jeunes , préparer à manger, acheter des médicaments à la pharmacie, etc.).

Le film est vraiment très intense et plein de références à tout cela, aussi à travers l’utilisation de métaphores comme la principale du “BOIS”/FORÊT qui représente la maladie de Jimmy, le père de Gina, dans son double dévoilement et mouvement, qui , pendant la journée, c’est la vie, avec les arbres qui bougent, avec les animaux, cette sensation d’air frais et de liberté du bois/forêt, tandis que la nuit, c’est le lieu de l’obscurité, de la menace et du mystère, un lieu où l’on peut se perdre.

Ne voulant rien dévoiler d’autre sur le beau et passionnant film, je vous invite à le récupérer et à écouter le débat suivant le film, où vous pourrez en savoir plus sur les choix d’écriture du film par la bonne  réalisatrice  : https:// http://www.youtube.com/watch?v=JU2IMKEnpvw.

Il est essentiel de créer des “lieux sûrs” où il y a au moins un adulte de référence qui peut être un soutien pour ces filles et ces garçons qui vivent cette situation.

Après avoir vu ce film, les enfants ressentent le besoin de s’ouvrir et de prendre le courage de sortir de leur isolement et de leur stigmatisation sociale.

La santé mentale est un fait social et non individuel. Souvenons-nous toujours de cela!

Stefania Cavallo

20.11.2022

Stefania Cavallo

20 novembre 2022

King of Atlantis , Marina Nyström e Soni Jörgensen (2019)

La salute mentale al centro per  abbattere lo stigma che la circonda !

20 novembre 2021 Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza

Titolo evocativo di un video-gioco virtuale per un bel film che racconta di malattia mentale e che celebra il tema al centro della  Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza di quest’anno col motto “La salute al centro!”.

Il film ha come registi  Marina Nyström e Soni Jörgensen e  interpreti veramente molto bravi come Simon Settergren , nel ruolo del giovane protagonista Samuel,  Philip Zandén nel ruolo di Magnus padre di Samuel, e Happy Jankell nel ruolo di Cleo la ragazza di cui si innamora Samuel.

Come recita e riassume la breve presentazione del film , tratta dai documenti dell’associazione COMIP – CHILDREN OF MENTALLY ILL PARENTS (Figli di genitori con malattia mentale): 

“KING OF ATLANTIS è una commedia drammatica sull’amore incondizionato e l’identità. Protagonista il giovane Samuel, che si prende cura del padre affetto da schizofrenia e convinto di essere il re di Atlantide. Quando la bella e solare Cleo entra nella sua vita, il ragazzo si rende conto che non deve sentirsi in colpa nel voler vivere la propria vita, ma l’amore che prova per il padre affetto da un disturbo mentale rende difficile per lui conquistare la propria libertà.”.

Il film tratta il problema e spesso il dramma di giovani “caregiver” dei propri genitori malati di malattia mentale (depressione, disturbo bipolare , schizofrenia e altro).

Con la parola “caregiver” si intende un familiare che occupa un ruolo informale di cura, supporto e di vicinanza e che è partecipe dell’esperienza di malattia del malato e che si impegna nelle attività quotidiane di cura della persona.

La pellicola descrive con poesia , delicatezza ma anche con un certo realismo questa problematica e lo fa proprio dalla parte di chi la vive quotidianamente come figlia/figlio  che spesso in queste situazioni si può trovare da sola/solo  a portare sulle proprie spalle pesi che non dovrebbe sostenere da sola/solo.

E’ una storia autobiografica dello sceneggiatore e attore Simon Settergren, una narrazione già nota per  Stefania Buoni , Presidente di COMIP – CHILDREN OF MENTALLY ILL PARENTS (Figli di genitori con malattia mentale) che ugualmente da molto giovane ha vissuto questo dramma , motivandola così a creare la prima realtà associativa in Italia che fosse di supporto a chi come lei si trovava nella stessa situazione e perché questi giovani – “figli di genitori con malattia mentale”- non si sentissero più soli ed invisibili.

Da qui la necessità di spazi di parola e di maggiore visibilità pubblica perché il poter dire queste cose, per chi è vissuto nel silenzio, consente di capire meglio come gestire queste situazioni.

L’espressione “Agente attivo di cambiamento” rende molto bene il senso ed il significato che acquisisce questo approccio che dal 2017  Stefania Buoni e gli altri giovani dell’ Associazione divulgano attraverso le tante ed importanti iniziative nelle scuole e in tante altre realtà territoriali , facendosi testimonianza per le future generazioni  “perché non è da tutti trasformare in forza, per sé stessi e per gli altri, un dolore”.

A questo punto lascio il link  del sito dell’Associazione  e il link di  youtube , in maniera di poter meglio approfondire quanto solo accennato in questo mio breve contributo:

Homepage – Comip – Figli di Genitori con Disturbo Mentale (comip-italia.org)

COMIP Italia – YouTube

IL PROGETTO “QUANDO MAMMA O PAPA’ HANNO QUALCOSA CHE NON VA”: “Quando Mamma o Papà Hanno Qualcosa Che Non Va – mini-guida alla sopravvivenza per figli di genitori con un disturbo mentale” scritto da Stefania Buoni, presidente e co-fondatrice dell’Associazione COMIP, è la prima mini-guida pensata non soltanto per i figli ma rivolta davvero a tutti. Per fare luce su una realtà molto diffusa, ma che è ancora un tabù, e per offrire un primo concreto strumento di consapevolezza, informazione e prevenzione che stimoli la riflessione e promuova la resilienza. E’ una pubblicazione di Editoria Sociale a cura del CESVOL – Centro Servizi per il Volontariato Umbria/Terni. Il Progetto che porta il suo nome, partito a settembre 2018, sta realizzando grazie al crowdfunding l’ambizioso obiettivo di donare una copia della mini-guida alle biblioteche pubbliche e scolastiche, ai consultori e ai centri di salute mentale di tutta Italia, oltre ad organizzare incontri con ragazzi, famiglie, operatori, insegnanti e società civile per abbattere lo stigma che circonda la salute mentale, sensibilizzare sul tema dei giovani caregiver e lavorare sulla prevenzione. Il Progetto nel 2019 ha ottenuto il prezioso riconoscimento dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza.  https://buonacausa.org/cause/libro-quando-mamma-o-papa-hanno-qualcosa-che-non-va

Grazie ancora a Stefania Buoni e a Simon Settergren per aver trasmesso queste importanti emozioni attraverso una pellicola interessantissima  e ben fatta , tanto che sarebbe cosa molto utile e necessaria , oltre che molto bella, poterlo vedere prossimamente doppiato in italiano nel nostro paese. Un sogno, un’utopia,  chissà!

Per fare prevenzione bisogna fare cultura e da sempre sostengo che la Cinematografia, portata soprattutto nelle scuole in maniera competente,  possa assolvere a questo compito al di là dei simposi specialistici su questi temi .

Link della mia scuola che ha aderito all’evento, trasmesso il 19 novembre scorso con la visione di questo film: https://www.istitutocampanella.com/category/news-comunicazioni/

Stefania Cavallo

21 novembre 2021

Gli anni in tasca – L’ argent de poche di  François Truffaut (1976)

Gli anni in tasca – L’ argent de poche di  François Truffaut  (1976)

(Il discorso del Maestro Richet  alla classe alla fine dell’anno  scolastico di una terza media)

Gli anni in tasca

A Thiers, villaggio dell’Alvernia, quando l’anno scolastico è già oltre la sua metà, il Direttore della scuola media inferiore affida a una insegnante Julien Leclou, misterioso gitano che nasconde la sua situazione domestica persino a Patrick, il ragazzetto che per primo l’avvicina. Il 13enne Patrick, del resto, annaspa nei primi fervori sentimentali: si innamora della mamma di un compagno; riceve lezioni di gallismo da un ragazzo più grande e non ne sa approfittare; finisce per dare un maldestro bacio a una ragazzina quando si trova nella colonia estiva mista. Altri bambini e bambine vivono i loro piccoli drammi: Grègory che cade dalla finestra e rimane incolume; Sylvie che si fa castigare per un capriccio e chiede aiuto al caseggiato; i fratelli Deluca che, decisi a guadagnarsi qualche spicciolo, rapano maldestramente un compagnetto. Il caso di Julien viene alla ribalta quando una dottoressa, incaricata di visitare gli alunni della scuola, scopre che il fanciullo viene abitualmente seviziato dalla madre e dalla nonna che finiscono in carcere, mentre lui viene affidato alla pubblica assistenza. (http://www.comingsoon.it/)

“Julien Leclou ,il simbolo delle vittime delle ingiustizie di certe famiglie, di certe situazioni, di certe arretratezze, è in un certo qual senso il «protagonista» dei drammi infantili che si svolgono a Thiers: Il maestro Richet invita gli alunni a riflettervi senza risparmiare giusti biasimi all’egoismo che regna nella vita civica e in quella politica; ma sa anche allargare il discorso sul positivo e negativo della «condizione umana », per indurre i giovani uditori a cercare in se stessi la speranza e la forza per la costruzione del proprio futuro. Delicato negli accenni ai fermenti sessuali e alle molte tentazioni (come quella del furto o della menzogna come difesa) tipici dell’infanzia e della preadolescenza, il regista offre sommessamente un materiale molto vasto e molto vero.” (Segnalazioni cinematografiche, vol. 82, 1977)”.

 

‘L’argent de poche’ rimane  un film-testimonianza sull’infanzia degli anni 1975  con uno  sguardo commosso e tenero che  solo un regista  di gran talento come  Truffaut  ha saputo  volgere su questo periodo della vita così privilegiato ed effimero.

 

“Con ‘L’argent de poche’ Truffaut esplora quasi sistematicamente il luogo ove si produce una tale frustrazione. Ma anziché prendere un caso isolato, cioè forzatamente limitato a una personalità individuale che rischia di essere intesa come esemplare, Truffaut ha preferito dare un’idea dell’infanzia tramite un complesso di fanciulli differenti per ambiente sociale, età e carattere. Ha in tal modo legato episodi diversi; alcuni molto corti, seguendo un tipo di costruzione non-drammatica che lui ha elaborato poco a poco nel corso del ciclo Doinel e che trova qui il suo miglior impiego. Le scene non si legano logicamente, ma si succedono, momenti puri di vita, offerti nella loro esistenza immediata, apparentemente senza preparazione. Però l’essenziale del film sta nella descrizione dell’infanzia. Ciascuna scena è una storia a se stante. Alcuni punti di riferimento aiutano a percepirne l’unità. (…) Tutto il film è la descrizione dei molti sistemi che i ragazzi inventano, con un genio creatore prodigioso, per tirarsi fuori da non importa quale difficoltà, e soprattutto dall’imprigionamento degli adulti per i quali la scuola è l’espressione più assoluta. L’infanzia, per Truffaut, non è per nulla – come si crede o si dichiara – un mondo paradisiaco e protetto: è un mondo crudele ove ciascuno impara la vita, vale a dire sperimenta la frustrazione di fronte alla realtà, ma ove inoltre ciascuno trova, per riflesso vitale, il mezzo di equilibrarsi provvisoriamente, di elaborare un compromesso tra l’assoluto dell’aspirazione e il relativo della vita» (Joël Magny, “Telecine”, n. 208, pag. 29)

 

Per me  ciò che mi resta di questa pellicola è certamente il discorso del maestro Richet alla sua classe e le sue parole :

“Un adulto infelice può ricominciare la vita altrove, può ripartire da zero, un bambino infelice nemmeno  lo pensa: sa di essere infelice ma non può dare un nome a questa infelicità. Soprattutto dentro di lui non può mettere in discussione i genitori o gli adulti che lo fanno soffrire: un bambino infelice si sente sempre colpevole  .”

 

Questo discorso del  maestro Richet  alla classe,  prima di  congedare i suoi alunni per le vacanze estive ,  resta  a mio avviso  una  grande lezione  educativa   del cinema europeo ,   che fa pensare  ad una  “figura di maestro”  un po’   idealizzata  anche ai nostri giorni  ,  in un momento storico attuale  in cui  il dibattito  sulla scuola e sull’educazione dei nostri ragazzi   balza agli onori della cronaca sempre sul filo dell’emergenza.

Link della scena : https://www.youtube.com/watch?v=k1-gX8Kp7qA

A tale riguardo mi fa piacere inserire e ricordare una mia lettera pubblicata nel 2009 ,  sul tema di “chi garantisce i bambini?”  , riprendendo il caso di Angela Lucanto , una ragazza “rapita dalla giustizia” , all’epoca bambina ,  e che , dopo tante peripezie,  si è  potuta   finalmente ricongiungere  alla sua famiglia d’origine . Ricordo che in quei giorni  ( era novembre 2009) il settimanale Panorama  era uscito con un dossier esclusivo intitolato “Sequestri di stato” in cui registrava in Italia oltre 32.000 bambini che la giustizia aveva tolto con la forza alle famiglie  e non sempre per buone ragioni.

Angela Lucanto.jpg 

Testo estrapolato dal  mio libro Mal di scuola, pag. 62 .

 

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Stefania Cavallo

24 luglio 2019

 

PERCORSI DI VITA E INSEGNAMENTO. IL SENTIRSI “DISARMATI” AD UN CERTO MOMENTO DELLA PROPRIA VITA

PERCORSI DI VITA E INSEGNAMENTO.

IL SENTIRSI “DISARMATI” AD UN CERTO MOMENTO DELLA PROPRIA VITA

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Mi occupo di ragazzi e studenti che hanno difficoltà ad applicarsi allo studio, in realtà già da quando ero molto giovane, già quando frequentavo il liceo. Avevo deciso di provare questa avventura.

In seguito, dopo una significativa “pausa” lavorativa nell’ambito professionale della formazione e consulenza aziendale, mi sono di nuovo catapultata ad aiutare giovani ragazze e ragazzi delle scuole superiori  che hanno incontrato l’esperienza del fallimento  scolastico attraverso la bocciatura.

Anche a me, all’età di 15 anni ,  fu data la possibilità di recuperare privatamente un anno del liceo scientifico e per me fu veramente “salvifico” l’incontro con una straordinaria professoressa alla quale mi affezionai moltissimo e che divenne come una seconda madre, donna di grande cultura e simpatia, appassionatissima del suo “mestiere” dell’insegnare e con lei imparai molto e presi più fiducia in me stessa e poi continuai con successo i miei studi scolastici negli anni successivi.

Oggi, il mio impegno lavorativo principale è proprio con giovani studenti “ripetenti” e mi rendo conto dell’enorme responsabilità che mi viene data quando svolgo le mie lezioni e i miei diversi interventi formativi di tipo “emozionale”.

In questo modo trasformo il mio “sentirmi disarmata” , a volte, in qualcosa di utile e costruttivo perché è l’unico modo che conosca in ricordo di quel “riscatto” personale conosciuto e provato alla stessa età dei miei studenti, un “riscatto” che nel riviverlo mi riempie di gioia e che oggi , ogni giorno, diventa “testimonianza” attraverso il mestiere dell’insegnamento.

Il poter trasformare una difficoltà, con l’aiuto di chi ha fiducia in te, in qualcosa di positivo ed in una professionalità, come nel mio caso, credo sia un’ulteriore prova che certi percorsi di vita siano anch’essi di grande insegnamento e che veramente tutto abbia un senso che vada ricercato più intimamente.

 

Stefania Cavallo

11 luglio 2019

Nuovi Padri e Nuove Madri, le Relazioni Familiari Oggi, Milano 15 febbraio 2019

Nuovi Padri e Nuove Madri, le Relazioni Familiari Oggi, Milano 15 febbraio 2019

“L’angoscia prevalente dei genitori ipermoderni è quella di essere sufficientemente amati dai loro figli. Si tratta di un’aberrazione generazionale.” Patria Senza Padri. Massimo Recalcati (2013)

​”Ciascun genitore è chiamato a educare i suoi figli solo a partire dalla propria insufficienza, esponendosi al rischio dell’errore e del fallimento. I migliori non sono quelli che si offrono ai loro figli come esemplari, ma come consapevoli del carattere impossibile del loro mestiere.” Il complesso di Telemaco. Massimo Recalcati (2013)

Forse il concetto di “capacità sociale” del noto sociologo Zygmunt Bauman può rilanciare qualche rinnovata base educativa da cui ripartire , in questo scenario complesso e dinamico delle relazioni familiari e delle “famiglie” di oggi:

“La Felicità deriva dalla capacità di stare insieme agli altri”.

Questo l’augurio per tutti!

Lezione gratuita di Recalati e Trionfi . Nuovi padri e nuove madri

Un conto è generare figli , un conto è sentirsi madre e padre

Il 15 febbraio 2019, presso l’auditorium San Fedele, in via Hoepli 3b a Milano, si è tenuta la lezione magistrale aperta del prof. Massimo Recalcati insieme al prof. Carlo Trionfi dal titolo: “Nuovi Padri e Nuove Madri, le Relazioni Familiari Oggi”.

L’incontro con Massimo Recalcati e Carlo Trionfi a Milano, è stato molto costruttivo in tema di “famiglie” , di “paternità” e “maternità” , in un tempo in cui è necessario riaffermare alcune riflessioni “ad alta voce” in una direzione di “rete umanistica” tra professionisti del settore, famiglie , genitori e figli , buttando il cuore oltre l’ostacolo in una logica evolutiva senza nostalgia per il passato, o per la famiglia di tipo patriarcale , o per una superata concezione “biologica” della genitorialità.

Come mediatrice familiare non penso che lo strumento mediativo debba considerarsi una panacea nei conflitti coniugali e la mia formazione si basa sul principio che non debba essere obbligatoria e questo lo credo profondamente anche io, credo anche che la bigenitorialità sia un percorso che si costruisca soprattutto a livello culturale e sociale con una condivisione di responsabilità di tutti i soggetti coinvolti, i genitori in primis.

I figli hanno diritto a trovare adulti credibili, nel senso di “testimoni” del proprio tempo, in una relazione in cui poter crescere ed evolvere con limiti e qualità.

Viversi genitori va al di là del mero dato biologico . Freud diceva che fare il genitore é un “mestiere impossibile”. Tante le sfide educative , il bello e la responsabilità dell’essere genitori , sempre imperfetti e inadeguati !

La scuola ha un ruolo fondamentale in questo scenario sfidante, ma non solo.

Truffaut diceva: “Non si può fare a meno di amare e di essere amati . Dove la famiglia fallisce l’uomo può trovare altrove il nutrimento sentimentale che gli necessita nella sua esistenza”.

Mi permetto allora di riprendere e rielaborare , rilanciandole, alcune riflessioni personali su cui avevo scritto qualche anno fa.

Oggi non ci sono più  idee univoche sull’educazione infantile e tutto ciò comporta un’occasione di libertà, ma in certi casi diventa motivo di confusione e incertezza.

Ad esempio, il mantra che molti genitori evocano   e pronunciano rivolgendosi ai propri piccoli , ai propri figli , “ Le regole ! Non puoi fare tutto quello che vuoi , capito!”   ovvero anche i famosi “NO” che aiutano a crescere , come diceva il titolo, di un famoso best- seller di Asha Philips “I no che aiutano a crescere”, non è una narrazione   di regole e ricette su come si fa a dire di no, perché si sa che le attuali concezioni e approcci pedagogici sono cambiati nel tempo e con la società.

Nel tempo, abbiamo assistito al passaggio e all’elaborazione collettiva da un tipo di educazione molto autoritaria a modalità educative più tolleranti e meno direttive,   in cui si predilige l’aspetto dell’empatia   e dell’ascolto del bambino smussando le rigidità che in qualche modo possono causare frustrazioni e traumi irreversibili ; questo grazie anche all’affermarsi sempre più di una maggiore cultura dei diritti in tema di tutela dell’infanzia e dell’adolescenza.

Eppure, le regole sappiamo che forniscono una sponda non indifferente al bambino e un contenimento al suo comportamento che in qualche modo richiama al concetto cosiddetto “normativo”, in cui assume rilevanza il valore del rispetto e della propria libertà che inizia quando termina quella dell’altro.

Recalcati e Trionfi

Sia con “L’ora di lezione “ che   “Non è più come prima. Elogio del perdono nella vita amorosa” Recalcati esprime in maniera intensa   i temi dell’ “amore” e della “libertà”; parla di “incontri di amore” per il sapere ma anche di perdono nella vita amorosa. Il binomio “amore e libertà” nell’insegnamento, nell’apprendere e nel conoscere ?

Da quanto tempo abbiamo preso le distanze da tutto ciò?

Massimo Recalcati nel suo bellissimo libro   L’ora di lezione parla spesso del diffondersi oggi della dimensione e tendenza quantistica del sapere e di come ci si dimentichi o ignori l’importanza della dimensione relazionale dell’insegnare . I “buoni maestri” sono sempre meno e forse non riusciamo più a riconoscerli nemmeno nei nostri insegnanti , nei nostri genitori o negli adulti di riferimento.

Una scuola , una famiglia, una società che “non” sa   mettersi in discussione , per il bene dei ragazzi e degli   studenti , sono destinate alla solita routine , in balia della rincorsa alle emergenze,   con il conseguente rischio di un aumento della percentuale di abbandoni scolastici , di devianza giovanile e con costi emotivi e sociali , non solo economici, molto elevati .

Insomma , non esistono formule scritte per essere “bravi” genitori, non è vero che se ci si comporta in un modo le cose vanno così, se no vanno cosà.

Carolina Bocca , nel suo bel libro “Soffia forte il vento nel cuore di mio figlio” , ce lo ricorda bene e dice :

“Il mondo è fatto di individui e ognuno è comunque artefice di una parte significativa del proprio destino. Ergo, bisogna arrivare a scrollarsi di dosso il senso di colpa. Almeno un po’, perché obiettivamente una parte dell’indole di una persona non è sotto controllo dall’esterno e perché vivere con costanti sensi di colpa ti distrugge la vita e non è utile per nessuno. Sarebbe giusto che tutte le madri che calpestano strade spinose giungano a questa consapevolezza”.

Un conto è generare figli , un conto è sentirsi madre e padre.

Questo resta un po’ il fil rouge dell’incontro e forse il concetto di “capacità sociale” del noto sociologo Zygmunt Bauman può rilanciare qualche rinnovata base educativa da cui ripartire , in questo scenario complesso e dinamico delle relazioni familiari e delle “famiglie” di oggi:

“La Felicità deriva dalla capacità di stare insieme agli altri”

Questo l’augurio per tutti!

 

Stefania Cavallo

17 febbraio 2019

 

 

 

“Come figli miei” di Domenico Iannacone: alcune riflessioni scritte dai miei giovani studenti

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Quando ai ragazzi si da’ l’opportunità di riflessione e di confronto su realtà anche dure riguardanti la nostra società , questo è il risultato che  dà gioia e speranza per un futuro migliore. 

Di seguito alcune brevi ma toccanti riflessioni di alcuni miei giovani studenti che con me hanno lavorato su questo splendido documento  filmico di Domenico Iannacone .

“Il docu-film che abbiamo visto in classe, mi ha fatto riflettere molto, ma allo stesso tempo fatto capire delle cose; grazie a questo docu-film ho capito che -oggi come oggi- essere istruiti è una cosa fondamentale che col passare degli anni ti servirà per trarne un futuro nel mondo del lavoro” – DM.

 

“Il documentario sulla scuola in provincia di Napoli mi ha colpito molto, mi ha stupito questa storia e la capacità di questa preside , che da sola, è riuscita a creare una scuola che funziona” – SS

 

“Dopo questo film ho capito che sono davvero fortunato sia per il posto dove vivo sia per la scuola dove vado e per avere genitori responsabili di sani principi e forti valori” – NP

 

“Ciò che questa donna (la preside) ha fatto è d’esempio ,per le persone del posto, del fatto che sta provando a salvare i ragazzi dalla malavita” -RP

 

“Per me lo scopo della preside era soprattutto quello di voler dare a quei ragazzi un futuro con un avvenire migliore; voleva far capire loro che c’era anche un altro mondo e un’altra vita che potevano scegliere e che la scelta che loro potevano fare , veniva offerta loro malgrado le loro origini” – GC

“Un insegnamento che mi ha dato questo docu-film è stato quello di offrire uno sguardo su realtà diverse di cui si pensa di sapere sempre tutto” – MP

“ Mi ha colpito anche il giornalista che non è uguale a tutti gli altri che pressano e continuano a parlare con la persona scelta, lui fa il contrario cioè fa poche domande chiare da cui ricava una risposta completa e comprensibile” – DD

 

Stefania Cavallo

9 dicembre 2018

 

 

 

Come figli miei – Speciale di Domenico Iannacone , 27 ottobre 2018 Rai Tre ore 21,40

Come figli miei – Speciale di Domenico Iannacone , 27 ottobre 2018 Rai Tre ore 21,40

  Come Figli Miei

Le Persone (con la P maiuscola) in gamba fanno la differenza nelle situazioni impossibili!

 

Col suo nuovo speciale Domenico Iannacone ci ha fatto ancora una volta riflettere sul fatto che possiamo essere tutti migliori. Mi viene da dire così a caldo, appena dopo la visione televisiva e per fortuna in prima serata.

La televisione di Domenico Iannacone porta a riflessioni personali su situazioni scomode , che non vorremmo vedere. Il suo approccio non è mai giudicante , il suo sguardo non punta il dito e non vuole insegnare nulla.
Nello stesso tempo, con grande umanità , Iannacone accompagna il telespettatore per mano a conoscere realtà e persone che rendono spesso possibili situazioni impossibili come la scuola di Caivano e la sua preside , una scuola che lei stessa ricorda essere “un carcere a porte aperte” , dove il diritto alla sopravvivenza arriva prima del diritto allo studio, dove il rispetto delle regole non è un vezzo disciplinare perché “le regole rendono gli uomini liberi “.

 

Mi sono segnata alcune parole , alcune frasi come questa: ” La scuola deve essere raccontata, questo è il nostro spread ”dice la Preside Eugenia Carfora dell’Istituto Superiore F. Morano di Caivano, in provincia di Napoli, e infatti dirà ancora :“In queste zone , in questi casi, la differenza la deve fare la scuola , con le luci che si devono accendere anche la notte”.

Questo speciale è straordinario, perché ci racconta di persone straordinarie in situazioni straordinarie, ci racconta un luogo in cui non c’è lo Stato , il Parco Verde di Caivano un luogo che è diventato, dopo Scampia, una delle piazze di spaccio più drammaticamente importanti in Italia e in Europa .

Eppure incontriamo la Preside Carfora e i suoi professori “eroi gentili”, così come  Don Patriciello, la mamma di Fortuna , Mimma Guardato, gli studenti fantastici dell’Istituto Alberghiero , e non solo,  della scuola onnicomprensiva F. Morano, come Concetta e la sua storia privata con la madre maltrattata da un padre violento,  e ancora il Centro di Ascolto mobile e i suoi operatori che cercano , in zone impossibili come queste, di stendere una mano a chi si perde nel vortice della droga .

Il filo rosso di questo magistrale racconto mi sembra proprio questo, e che il bravo Domenico Iannacone cita nell’ascoltare la studentessa Concetta , che vuole diventare “ingegnera” :

“ le persone che hanno sofferto sanno chi sta soffrendo”.

La professoressa di matematica che dice “ Io questi ragazzi me li sono cresciuti , sono come miei figli” e piange a dirotto col suo studente ventenne che ha sostenuto gli esami di maturità , mentre non smette di dirgli , in un abbraccio che non vorrebbe mai interrompere, : “ Tu da qui te ne devi andare, promettimelo e dillo anche agli altri, perché qui non c’è niente”. Il Parco verde di Caivano è ricco di tante tentazioni negative e violente , legate alla delinquenza minorile, e il ragazzo che viene intervistato in auto da Iannacone lo dice ben chiaro : “ Quelli ti tentano e io non ci casco, ma fino a quando posso resistere?” , non si sa fino a quando si può resistere , dice questo giovane e poi aggiunge : “ Sei tu che vai a cercarli e decidi di fare quella strada”.

Mi ha colpito il giovane sedicenne che quando mostra i suoi tatuaggi , è fiero soprattutto di quello che ha sul petto con la scritta della parola “Resilienza” , una parola di cui conosce molto bene il significato e che sottolinea così a Iannacone : “ E’ una parola che mi definisce, mi racconta”.

Una scuola che sfida ogni giorno difficoltà e realtà impossibili , una scuola che rischia di perdere i suoi alunni , ogni giorno, e la eroica Preside Carfora che dice : “ Una scuola che perde i suoi ragazzi non è una scuola!”.

“Dei ragazzi bisogna imparare a leggere i loro pensieri “, dicono i professori che insegnano nell’Istituto Superiore F. Morano di Caivano e questi prof ci riescono molto bene perché qualche ragazzo e ragazza si salva e riesce a realizzare il proprio progetto di vita , perché in questa scuola si formano uomini e donne che vanno nella società.

Come madre e insegnante ho trovato lo splendido documentario “Come figli miei” di Domenico Iannacone e la sua squadra, un reportage importante , un’energia positiva che travolge e che la dice lunga su ciò che si può fare anche in realtà quasi impossibili come Caivano, luoghi in cui la differenza la fa veramente la scuola e i suoi professori umani . Una preside incredibile , professori e protagonisti di questo reportage fuori dagli schemi, poco “allineati”, e per questo molto credibili ed eroici . Mi sono molto commossa.

Un docu-film “testimonianza” da diffondere tra i giovani , soprattutto per genitori , insegnanti , educatori e tutti gli adulti di riferimento delle principali agenzie formative sociali.

Grazie davvero di Cuore al giornalista appassionato e indipendente Iannacone e a tutti coloro che lo hanno pensato e realizzato, rendendo possibile ciò che è impossibile!

Qui il link per rivedere questo reportage o per chi se lo fosse perso:

https://www.raiplay.it/video/2018/10/Speciale-I-Dieci-Comandamenti-Come-figli-miei-6bff47fb-507d-4a55-9bfa-2376c0bb29c6.html?fbclid=IwAR39HzQStsqFH3rRewIrNcDnEivB4RYGI2lqfxKpmS-XURwPnfQIE4eqAH0

“Mi devi fare una promessa, ora che hai finito l’esame te ne devi andare via di qua, se ti vedo dentro quel parco giuro che faccio la pazza. Vai via da Caivano qua non c’è niente, ma ricordati di passare a salutarmi quando tornerai.”
Loredana Scolarici, insegnante (Come figli miei , D. Iannacone)
Ecco  anche un bellissimo articolo di Gian Paolo Serino in merito alla televisione di Iannacone :
Gian Paolo Serino e Iannacone

 

Stefania Cavallo

28 ottobre 2018

 

 

 

 

 

 

 

PERCORSI “IMPARARE DALLE EMOZIONI”: “L’essenziale è invisibile agli occhi”

PERCORSI “IMPARARE DALLE EMOZIONI”

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Riflessioni e commenti sul tema dell’ ”Addomesticare” e sulla famosa frase “L’essenziale è invisibile agli occhi”, tratta dal romanzo Il piccolo principe di Antoine de Saint Exupéry

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Si tratta di una frase emblematica “Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”, tratta da un testo di grande emozione che racconta l’amicizia tra una volpe ed un bambino.

Questo bellissimo racconto si esprime nei modi fantastici della fiaba, attraverso l’intensa realtà del sentimento dell’amicizia e dell’amore.

Nella banalità insensata della vita , è un appello alla responsabilità di fronte ai valori, che è più comodo esaltare a parole che praticare nei fatti.

Nell’incontro tra il bambino e l’animale, il Piccolo Principe chiede alla Volpe di giocare con lui. Ma la Volpe risponde : “Prima mi devi addomesticare!….non si conoscono, infatti, che le cose che si addomesticano”. “E che cosa vuol dire addomesticare?” chiede allora il Piccolo Principe. E la Volpe risponde :” E’ una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami”. E, ancora, Il Piccolo Principe si interroga su come e che cosa bisognava fare per addomesticarla. E la Volpe risponde:” Bisogna essere molto pazienti”. Perché, per compiere l’opera dell’addomesticare, “….ci vogliono i riti”.

Sono i riti che creano i legami.

Con il tessuto del tempo e della pazienza , sono i riti che consentono di “preparare il cuore”, a ciò che è essenziale anche se invisibile agli occhi, a ciò che conta e consente di amare, di rispettare la vita, di renderla umana. A ciò che consente di accettare ogni dolore, perdita , distacco, trasformazione, cambiamento, fine, e di sopportarne il dolore, senza scegliere la “passione di distruggere” al posto dell’amore per la vita.

Così questo libro è costruito come un percorso di conoscenza in cui individuare i “riti necessari” ad addomesticare il proprio cuore .

Ancora , questa frase ci dona l’importanza di alcuni incontri nella vita, come l’incontro tra il Piccolo Principe e la volpe.

La volpe, un animale selvatico che il Piccolo Principe impara ad addomesticare, è colei che insegna a questo bambino il significato profondo, e talvolta doloroso, dell’amicizia intesa come legame basato su un affetto sincero in grado di rendere unico il modo di percepire il mondo.

Per questo, per la volpe il grano non sarà più solo giallo, ma sarà biondo come il suo nuovo amico, e per questo si corre il rischio di soffrire un po’, quando si viene addomesticati. Quello che conta davvero non è il possesso materiale delle cose, o il denaro, ma il bene che si prova verso coloro con cui abbiamo creato un legame profondo. Questa è la lezione più importante che il protagonista impara, e una volta appresa, può fare ritorno al suo pianeta d’origine.

Così come il significato della rosa. Il viaggio di questo bambino sensibile e vivace inizia quando la sua unica amica, con cui ancora non sa di aver instaurato un legame sincero e duraturo, si prende gioco di lui perché è troppo orgogliosa per ammettere di aver bisogno di lui. La scoperta dell’affetto che li lega farà capire al Piccolo Principe che è arrivato il momento di tornare.

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Il libro è una sorta di dialogo tra un adulto e un bambino, dove il Piccolo Principe rappresenta un’età che spesso gli adulti dimenticano di aver vissuto, e attraverso la sua figura, l’autore dà nuova vita al mito dell’infanzia, dove tutto è meraviglia e stupore. Il protagonista, una volta lasciato il suo pianeta dopo una lite con la sua rosa, incontra una serie di personaggi, ciascuno a sua volta abitante un proprio pianeta, attraverso i quali vengono rappresentati i difetti più comuni in cui il genere umano incappa nell’età adulta.

Al Piccolo Principe, e quindi a Saint-Exupéry, tutto ciò che per loro è importante appare, invece, come superfluo perché questi uomini rappresentano quanto di più lontano c’è dal senso vero e autentico delle cose e dei rapporti tra le persone. Tutte le occupazioni e le attività delle persone incontrate non tengono conto dei sentimenti e dello stupore che la vita può destare in ciascuno di noi.

Quindi l’amicizia è un tema molto caro all’autore. Nel libro ci sono molti rapporti amicali, brevi e lunghi. Il più importante tra tutti è quello tra il Piccolo Principe e la volpe: la lezione della volpe aiuta il protagonista a capire l’importanza di quello che aveva sul suo pianeta. Attraverso la celebre frase: “se vuoi un amico, addomesticami”, il bambino capisce ciò che prova per la sua rosa: “Credo che mi abbia addomesticato”. L’amicizia così, rende unici al mondo, e solo “addomesticando” si può rivelare la singolarità delle persone o le cose.

L’altro tema è la fanciullezza, tema caro all’autore, in contrasto con il mondo degli adulti, vittime del denaro, dell’avidità, dell’egoismo, del potere. Ma il bambino che ogni adulto è stato non è morto, sonnecchia in ognuno di noi ed è pronto a risvegliarsi.

È così che grazie all’incontro come quello del pilota con il Piccolo Principe, che anche l’adulto crescerà.

Piccolo principe

Una frase , dunque che parla ad ognuno di noi , a seconda di ciò che vuole evocare in noi , in base agli incontri importanti che abbiamo fatto e faremo e al valore che abbiamo imparato a dare all’amicizia e all’amore, ai vari riti di passaggio più significativi della nostra vita.

Grazie a personali considerazioni, credo che l’approccio emozionale, con l’ausilio dei diversi media, in particolare del cinema e della letteratura, porti e conduca ad un viaggio interiore, mai dato per scontato, in cui leggere con attenzione e cercare di comprendere i diversi stati d’animo, in particolare lavorando su fragilità e aspetti negativi del vivere, sino alla ricerca di possibili risposte e di auspicate soluzioni.

 

Il senso della vita sta nel viverla.

E’ un viaggio straordinario se ti lasci attraversare,

se non permetti che ti passi solo accanto.

L’attrice Elena Sofia Ricci

 

Stefania Cavallo

2 maggio 2018

Dite quello che fate e fate quello che dite

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Pensare di fare gli educatori con i propri figli è pura illusione, forse o quasi sicuramente al di là del proprio libro dell’educatore perfetto è meglio , come genitori, ispirarsi alle parole della psicopedagogista francese Françoise Dolto   “ Dite quello che fate e fate quello che dite” .

“Solo la testimonianza rende vive e vere le dichiarazioni di principio, facili da enunciare, difficili da realizzare”, aggiunge la nota psicoanalista Silvia Vegetti Finzi .

13 marzo 2018

Famiglie estreme

Famiglie  estreme  

« Pensate che vi abbiamo danneggiato. Va bene. I miei genitori hanno danneggiato me, i suoi genitori hanno danneggiato lei. Se avrete bambini, li danneggerete. È quello che fanno i genitori. E allora? »
(Caleb Fang durante uno scontro con i figli in una scena del film)

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Ho visto due bei film seppur in apparenza diversi  , con un unico  “fil rouge”  su genitorialità e rapporto figli-genitori , La famiglia Fang (2016 di Jason Bateman) e  Captain Fantastic (2016 di Matt Ross; il film è stato presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival 2016, poi è stato proiettato nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2016, dove ha vinto il premio per la miglior regia).

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Si tratta di  esempi di genitori  un po’ “estremi” potremmo dire , i Fang come artisti della  “performance art” e con la loro concezione dell’arte  ,  con Captain  Fantastic come appassionati naturalisti  e diremmo oggi  no-global.

Famiglie anticonformiste all’estremo a cui i figli sono , al di là di tutto, grati .

In questi film si toccano temi forti come la morte e il rapporto con la vita ,  l’educazione ,  la verità  e l’essere autentici,  il tema dell’eredità genitoriale testamentale e di valori  importanti , l’arte e i possibili limiti , la cultura in senso ampio e politico, la religione e la tolleranza religiosa,  ultimo punto ,ma non di minore importanza, quello di  rendere, a proprio modo,  i propri figli  liberi di scegliere e di vivere .

Come si direbbe  oggi , veramente “tanta roba”!

Pellicole emozionanti, con momenti  forti che fanno riflettere ,  senza fornire  giudizi o conclusioni “prêt-à-porter”.

Quello che a titolo personale, da entrambe queste pellicole (che comunque presentano sfumature psicologiche e umane diverse)  mi è arrivato   è   l’interrogativo circa l’indefinibile  linea di demarcazione tra  due meccanismi/modelli   educativi  che a volte i genitori attivano per protezione verso i figli ,  ossia  ciò che  è   “estremismo educativo”  del genitore, da un lato, e quello che invece , dall’altro lato,  rappresenta una  sana passione e  l’idea di  “bello e migliore” che il genitore cerca di trasferire  ai  propri figli,  anche in questo caso  per proteggerli  da un mondo esterno non sempre edificante .

Consigliata la visione soprattutto ai genitori che amano il genere e che sanno che l’avventura del “fare il  genitore”  non è mai  scontata .

“ I tuoi figli non sono figli tuoi, sono figli e le figlie della vita stessa……..Tu sei l’arco che lancia i figli verso domani” (Kahlil Gibran)

 

Stefania Cavallo

2 gennaio 2016

Su questi temi ricordo in maniera indelebile un bel articolo di Monica Mondo sulla storia drammatica di Eleonora  e dell’ideologia dei suoi genitori per le cure alternative:  http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2016/9/2/18ENNE-MORTA-DI-LEUCEMIA-Se-l-ideologia-e-piu-forte-del-bene-di-papa-e-mamma/721480/

Molti  sono i film che hanno raccontato la famiglia come  filo rosso, rappresentata spesso in un’ottica tutt’altro che consolatoria e rassicurante. 

Di seguito una breve e personale  filmografia  , con i  romanzi  , su questi temi  legati al rapporto genitori – figli ,  famiglie con problematiche  e difficoltà genitoriali diverse. 

 

La pazza gioia  (2016, Paolo Virzì)

Padri e figlie (2015, Gabriele Muccino)

Hungry Hearts  (2014, Saverio Costanzo ,tratto dal romanzo  “Il Bambino indaco”di Marco Franzoso)

I nostri ragazzi (2014, Ivano De Matteo)

Il capitale umano (2013, Paolo Virzì, liberamente ispirato dal romanzo omonimo di Stephen Amidon )

La solitudine dei numeri primi  (2010, Saverio Costanzo, tratto dall’omonimo romanzo di Paolo Giordano)